giovedì 17 settembre 2009

Dichiarazione di voto in merito al Documento presentato dalla segreteria nazionale

Voteremo a favore del documento presentato dalla Segreteria nazionale perché ne condividiamo l’analisi sociale, la proposta della costruzione di un polo della sinistra di alternativa di ispirazione anticapitalista e la necessità del superamento del bipolarismo. Riteniamo inoltre che l’urgenza politica imponga l’avvio di un confronto nei gruppi dirigenti sulle scelte relative alle elezioni regionali e sul congresso della CGIL.

Ma constatiamo tuttavia nel dibattito elementi di ambiguità specie per quanto riguarda la prospettiva della Federazione. Il nostro punto di vista è netto. La federazione, può costituire l’obiettivo da perseguire, ma solo ad una condizione e cioè che essa non metta in discussione l’obiettivo fissato a Chianciano e cioè il rafforzamento del partito e lo sviluppo del suo progetto: la Rifondazione comunista.

In questo senso va anche la nostra scelta di votare per l’allargamento nella segreteria. Una scelta a tutela del pluralismo ma una scelta nella chiarezza. Non crediamo infatti che esista una base politica omogenea in questa segreteria. Vi sono convergenze ma anche profonde differenze che non vanno negate, ma assunte.

Area programmatica Sinistra Comunista*

13 settembre 2009

Intervento di Adriana Miniati al CPN del PRC - 12 /13 settembre 2009

E' bene che in questo Cpn si faccia un bilancio dell'azione politica del partito, perché si tratta di aprire una nuova fase che presenta aspetti impegnativi. Per rispondere alle osservazioni della compagna Rinaldi circa la linea o addirittura le linee politiche del Congresso di Chianciano, credo che si possa agevolmente dire che il Congresso di Chianciano ha espresso una linea politica prevalente che ci ha salvato dalla scomparsa di un partito comunista in Italia, ma dobbiamo avere la consapevolezza che il partito, dopo il progetto dell'Arcobaleno, è orfano di in progetto politico,ma che la scissione ha provocato danni gravissimi, fra cui il più significativo è che ha diviso la Sinistra ( e non colloco il Pd in questa formazione) in due componenti che da allora sono in aperta competizione fra loro e per ora confliggenti ; e che da allora è oggettivamente più difficile l'azione di un partito comunista che scientemente rifiuta l'omologazione e tutte le compatibilità.

Però, sull'allargamento della segreteria nazionale alla mozione 2, ritengo che la mia componente, poiché reduce da non dimenticati interventi autoritari e discriminatori nei confronti delle minoranze interne, è molto sensibile alla questione dell'agibilità politica e della gestione collettiva delle strutture del partito, per cui, in nome del concetto di pluralismo e della democrazia interna, valuto come positivo l'ingresso in segreteria dei compagni della 2, i quali ,per altro,non hanno ritenuto politicamente corretto uscire con gli altri vendoliani, nell'atto della scissione che ha ferito il partito per lunghi mesi e ha teso a danneggiarlo. Penso anche che la convergenza politica con l'asse politico stabilito al CONGRESSO di CHIANCIANO dovrà essere nel processo inverato osmoticamente e verificato.
Sulla Federazione, dico subito in sintesi cosa non può in assoluto essere : non può costituire un annuncio di evoluzioni negative, nè neo-arcobaleniste, nè di scioglimento del partito verso un nuovo soggetto.
E' vero che per il Prc il primo problema è come superare gli ostacoli del bipolarismo ed è in questo contesto che nasce la proposta della Federazione della Sinistra di Alternativa che potrebbe mutare non poco la prospettiva del partito: il punto politico è che dobbiamo accrescere la massa critica dei consensi e creare un sistema di alleanze più ampio della lista unitaria , ma questo non può avvenire senza due contenuti essenziali e ineliminabili , ovvero il radicamento e la credibilità sociale. Poiché la federazione appare un compromesso fra esigenze diverse tutte da perseguire, la proposta presenta ambiguità almeno su due aspetti , primo fra tutti la questione della cessione della sovranità dei soggetti e in secondo luogo, il rapporto fra Autonomia e Unità.
Centrale pertanto , secondo me, è che non si può continuare a parlare di Federazione senza affrontare, contestualmente,il problema di rilanciare la RIFONDAZIONE del nostro partito , non sotto la vuota forma dell'enunciazione, ma nella sostanza , ovvero per praticarlo e verificarlo, ; altrimenti, se non lo si fa, si rischia di decomporlo, e ciò potrebbe essere un passaggio che serve poi per superarlo. Su questo tema va dato da questo Cpn un chiaro segnale politico.
Anche perché la situazione del partito non è buona nei territori e non mi riferisco solo al dato allarmante del tesseramento. Infatti l'assenza di indicazioni sulle regole di funzionamento della Federazione e l'assenza di finalità chiare hanno causato dubbi fra i compagni di base e confusione nel modo di procedere dei territori, dove sono nate in questi mesi strutture diversificate, talvolta persino in contrasto con l'idea stessa di Federazione .
Il progetto perciò è apparso finora ai più confuso e aleatorio e ciò è servito- da una parte- talvolta a rallentare e persino bloccare l'iniziativa politica delle singole federazioni ( che rispondono con difficoltà alle richieste di coordinamento, di collegamento fra federazioni viciniori che hanno in comune alcune vertenze territoriali e di coesione nella lotta che dalla struttura regionale del partito proviene); talvolta ha dato vita invece a coordinamenti forzosi persino a livello di zona o alla costituzione di circoli unificati , a feste "unitarie".... etc.
Ma penso che il peggio proviene dal dibattito politico in corso nel partito, laddove si sviluppa, e non sempre nel confronto aperto, ( ad es, la Direzione Nazionale di ieri era la prima volta che discuteva di questo Progetto che però è in campo dal 18 luglio), in cui la Federazione per ora è apparsa come un ombrello sotto il quale convivono progetti politici diversi.
Infatti su di essa i compagni di base si fanno domande elementari , ma essenziali fra cui : " La Federazione alla fine sarà la convergenza fra PDCI e Prc?" in questo caso allora la Federazione è solo un escamotage tattico" . E ancora alcuni si domandano :" Sarà alla fine forse la riproposizione neo-arcobalenista?Allora la Federazione è uno strumento per costruire il Soggetto unitario della Sinistra!". E qui appare chiaro che coloro che perseguono questo obbiettivo vogliono superare , al contrario dei primi, il rapporto a due, fra Pdci e Prc. In ogni caso, queste due tensioni vogliono ambedue superare il Prc come soggetto politico autonomo e ambedue hanno alla base un forte atteggiamento , non nichilista come Bertinotti, ma certo scettico circa le sorti del Prc.
Invece io penso che c'è una posizione alternativa a quelle suddette che sostiene esserci al centro il Prc, che esso non deve essere superato, perché anche il progetto della costruzione di una Sinistra di alternativa, che abbiamo detto essere necessitata dagli esiti elettorali e dall’ampliamento delle basi di consenso per il nostro partito, si può reggere e sostenere solo se ha al proprio interno , come asse centrale, un partito comunista che imposti con determinazione e coerenza la trasformazione della società ; e per ora, quanto a questo, fuori dal nostro partito, non c’è nessun altra organizzazione che abbia alla base un profilo come questo.
L’unica proposta credibile è dunque costruire una Sinistra di alternativa come UN CAMPO DI FORZE AUTONOME, certamente, da ampliare, certamente , che converga in liste unitarie, in cui però il Prc è il soggetto principale, proprio per questo su questo obbiettivo vanno concentrati i nostri sforzi per farne un partito rifondato, che si orienti nel conflitto sociale, e che lo colleghi alla battaglia di opposizione al Governo Berlusconi nel paese.
Ultimo punto : condivido il contesto che il segretario nazionale ha espresso sui limiti finora presenti nelle proposte del partito, a cui è mancato un piano politico generale e istituzionale con al centro l’elaborazione di una proposta per sconfiggere Berlusconi e per costruire le condizioni di un Governo istituzionale in cui si pervenga a una legge elettorale proporzionale, elemento essenziale per superare il Bipolarismo; trovo però corretta , ma velleitaria la proposta di un governo istituzionale di 6 mesi per fare la Legge e poi si dimetta; ma soprattutto ciò che viene eluso e bypassato è come noi del PRC costruiamo un’opposizione nel paese che possa determinare quello sbocco finale. Perciò la ripresa del conflitto da fare subito non deve essere slegata dall’opposizione al Governo.

Intervento di Sandro Targetti al CPN del PRC - 12 /13 settembre 2009

Confermo l’utilità e la giustezza di una gestione collegiale del partito, soprattutto nell’attuale fase di difficoltà, ma esprimo forti preoccupazioni per la tenuta della svolta a sinistra decisa con il Congresso di Chianciano soprattutto sul fronte della rifondazione comunista e della costruzione di una sinistra anticapitalista alternativa alle destre ed al PD. Arretrare su questi due aspetti, strettamente legati fra di loro, e ripiegare su una gestione politicista della stessa proposta di “federazione”, comporterebbe una deriva moderata e inconcludente, una diversa linea politica.

La mia preoccupazione è motivata dal fatto che a Firenze questo è già avvenuto lo scorso luglio con la elezione di una nuova segreteria basata su una maggioranza diversa da quella di Chianciano e molto in continuità con quella che gestiva il partito prima della sconfitta arcobaleno. Sono emerse forti divergenze sull’analisi del voto amministrativo e sulle scelte da compiere in vista delle prossime regionali, sia sul piano sociale che politico. Nella relazione il segretario ha posto giustamente l’accento sulla centralità del nostro intervento sociale, ma è mancato un avvio di discussione sulle prossime elezioni regionali e sul Congresso della CGIL. Ritengo questo non più rinviabile perché la nostra presenza nei conflitti e sui temi della crisi per essere efficace ha bisogno di una proposta, di una proiezione politico-istituzionale chiara e coerente, sia con i contenuti delle lotte nelle quali siamo impegnati sia con il lavoro di costruzione di una sinistra anticapitalista, alternativa al PD ed alle logiche del bipolarismo. Non mi piace il clima dimesso e poco attento di questo CPN: le difficoltà del PRC non si superano con espedienti tattici ed accordi ambigui, ma lavorando per occupare con chiarezza uno spazio politico e sociale di alternativa.

Intervento di Alba Paolini al CPN del PRC - 12 /13 settembre 2009

Il percorso “Innovativo”, avviato dal Congresso di Venezia, che soppresse l’organizzazione ignorando i Circoli e considerando marginale il tesseramento, ci pose su una strada tutta in discesa, fino alla svolta del Congresso di Chianciano.

Dalla nascita del partito, 1991, con 112.835 iscritti, al picco più alto raggiunto nel 1997, con 130.509 iscritti, (organizzazione: Crippa/Caprili) al 1999 (anno della scissione) in poi, scendiamo sotto i 100.000 iscritti, fino ad arrivare all’ultimo dato, il 2007 con 86.236 iscritti. Da allora in poi, facciamo fatica a riorganizzarci. Il tesseramento attuale è intorno al 40%. Siamo pertanto, tutti chiamati ad aiutare l’organizzazione a ricostruire la rete dei responsabili del tesseramento e di fare del proselitismo, uno dei nostri principali compiti. Urgente è l’impegno del progetto della Rifondazione Comunista in cui rimettere i Circoli al centro della nostra forza strategica. Altri ancora sono gli impedimenti al rafforzamento del partito, tra cui: l’immobilismo, (due esempi, l’abbandono di Napoli e il disastro della gestione di Roma). La poca chiarezza di linea nella proposta della federazione, cosa intendiamo e quali sono le regole? Parliamo di contenuti e qui voglio dire, che se c'è chi pensa, che la federazione possa essere lo strumento per avviare il superamento del nostro partito, che l'Area politica e culturale, rappresentata da Sinistra Comunista, dichiara da subito la sua totale avversione. Il partito deve essere strumento funzionante e deve appartenere a tutti senza rifare errori di esclusioni di minoranze, ma ognuno con la propria capacità, storia e convinzione. Con l’unico progetto comune: Rafforzare il partito della Rifondazione Comunista. Il Congresso di Chianciano aspetta nei fatti di essere messo in atto, con meno chiacchere e più azioni politiche. Al lavoro quindi, i lavoratori in lotta hanno bisogno di un grande e unito partito comunista.

Intervento di Fabio Biasio al CPN del PRC - 12 /13 settembre 2009

I nostri compagni tedeschi dei ”DIE LINKE“ hanno ottenuto un risultato elettorale estremamente soddisfacente nelle recenti elezioni in tre regioni. Il 27 settembre si svolgeranno le elezioni politiche per il rinnovo del parlamento federale e per i DIE LINKE si profila un risultato di circa il 12 per cento, che vorrebbe dire un ampliamento della propria presenza non solo nelle regioni della ex-Germania Est, da sempre roccaforti della sinistra, ma anche nelle regioni della Germania occidentale.

Io vivo a Berlino da 23 anni e ho seguito lo sviluppo di questo movimento politico sin dalla sua nascita come PDS subito dopo la caduta del Muro: ora lavoro molto a contatto con i DIE LINKE, per la campagna elettorale. C´è da chiedersi il motivo perchè tra il nostro partito e il loro vi siano differenze talmente macroscopiche di successo elettorale, che poi significa presenza sul territorio e capacità di affrontare e lavorare su temi di interesse sociale. Penso a due motivi: uno la differenza delle realtà politico-sociali tra Germania e Italia: la ”grande coalizione“ della Merkel tra Cristiano-Democratici e Socialdemocratici spinge altrove gli elettori delusi da questa alleanza, spostando i loro voti verso l´estrema destra e, fortunatamente, soprattutto verso l´estrema sinistra. In ogni caso in Germania la coscienza politica resta molto alta i dibattiti politici si svolgono in Parlamento, come dovrebbe essere, e non in salotti televisivi come in Italia. Il secondo motivo ha a che fare con il partito stesso e con il suo modo estremamente semplice e diretto di portare avanti battaglie politiche ”di base“ come quelle sulle paghe orarie minime, sull´età pensionabile, sulle tassazioni sui redditi più alti e sul ritiro delle truppe in Afghanistan. Tutte tematiche di lotta che sarebbero applicabili anche in Italia e che, probabilmente, verrebbero più prese in considerazione se si seguisse una prassi politica più ”di base“ e più vicina al territorio.

martedì 15 settembre 2009

Intervento di Gianluigi Pegolo al CPN del PRC - 12 /13 settembre 2009

Per esigenza di sintesi, mi concentrerò su alcuni dei nodi posti nella relazione del segretario.
Il primo nodo attiene all’adeguatezza della nostra iniziativa. E’ certamente vero che il presupposto per il rilancio del nostro ruolo è la capacità di attivazione e sostegno del conflitto sociale, ed è altrettanto vero che a questo livello abbiamo molti limiti, specie nella capacità di estendere il nostro intervento. Alcuni segnali di ripresa ci sono, ma non sono sufficienti. Occorre, allora, attrezzarsi per potenziare la nostra iniziativa sociale. Mi chiedo, tuttavia, se questo impegno risolva automaticamente il problema della costruzione del consenso e, cioè, della nostra legittimazione in un’area vasta di opinione pubblica di sinistra.
Ho dei dubbi a tale riguardo. Il limite, infatti, che avverto non sta solo nell’insufficiente iniziativa sociale, ma anche nella capacità di dare alla stessa un respiro politico generale, connettendola con la battaglia contro il governo, riconducendola ad una proposta di uscita dalla crisi che sia compresa a livello di massa e che ci consenta di competere con le altre forze politiche. Questa connessione fra lotta sociale e lotta politica va praticata. Alcune possibilità vi sono. Voglio fare un solo esempio. Fra pochi mesi avremo un appuntamento fondamentale: le elezioni regionali. Penso che prima di parlare di formule delle alleanze sia necessario individuare alcuni contenuti fondamentali, assumendoli come parametri delle nostre scelte. A tale riguardo, credo dovremmo porre nei programmi una richiesta fondamentale: che le regioni si dotino di veri e propri “piani in difesa dell’occupazione e contro gli effetti della crisi”. Penso ad un insieme coerente di proposte che spazino dalla salvaguardia dei posti di lavoro, alla difesa del reddito, a misure di riconversione ecologica dell’economia. Questa proposta consente di definire un insieme di obiettivi socialmente qualificanti, ma consente anche di collegare le vertenze locali con le politiche regionali. Se, poi, una simile proposta venisse praticata attraverso modalità che consentissero una partecipazione diffusa – per esempio attraverso petizioni popolari – potrebbe offrire l’occasione per un’ampia mobilitazione del partito e per una sua visibilità.
Un secondo nodo che vorrei affrontare è quello della proposta politica che c’è stata presentata dal segretario e cioè: l’”alleanza democratica” per un governo istituzionale a tempo limitato che si proponga di varare una nuova legge elettorale proporzionale e di operare un risanamento democratico del paese. Si tratta di una proposta che ha un merito: tenta di rispondere ad una domanda esistente a livello di massa e cioè come costruire le condizioni per battere Berlusconi. Al tempo stesso, si propone di superare il bipolarismo. La proposta ha, però, anche dei limiti: e ancora vaga e va puntualizzata per le sue numerose implicazioni, ma soprattutto essa si proietta su uno scenario futuro all’indomani della caduta di Berlusconi. Mi chiedo: tale caduta è imminente? E se - come io penso – non lo è, cosa rimane della proposta? A me pare che vi sia una sola possibilità per poterla avanzare con un minimo di coerenza: da subito la “questione democratica” ( a partire dalla lotta al pacchetto sicurezza) deve entrare nell’agenda della battaglia di opposizione, facendo crescere un movimento di opinione capace di raccogliere un consenso trasversale. In quest’ambito si colloca anche la questione della legge elettorale. La battaglia per la proporzionale va costruita da subito, se la si vuole ipotizzare in una futura alleanza elettorale, e con strumenti che consentano una mobilitazione estesa e che siano condivisi da un ampio arco di forze. A tale proposito, credo dovremmo assumere l’indicazione di una legge d’iniziativa popolare per la reintroduzione di un sistema elettorale proporzionale a partire dalla proposta che un gruppo di lavoro di cui fanno parte, oltre a noi, altre forze politiche e un significativo numero di esperti, sta elaborando.
Il terzo nodo che vorrei affrontare è quello della federazione. Che vi sia la necessità della costruzione di un polo della sinistra di alternativa non vi è dubbio, ma come costruirlo è questione aperta. Un primo rischio è rappresentato dalla possibilità, molto concreta, che la federazione sia percepita come un semplice contenitore e che come tale sia assai poco allettante. Né credo che puntare tutto sul bisogno di unità a sinistra e illudersi che in ragione di ciò la federazione possa ottenere consensi sia sufficiente. Dopo l’esperienza dell’Arcobaleno, non c’è unità che tenga se questa non comunica valori, se non assume un profilo convincente. Il punto di forza di una sinistra di alternativa può essere solo quello di incarnare una domanda di cambiamento e di esserne interprete conseguente, in primo luogo agendo a sostegno del conflitto sociale. Se non vi è la capacità di assumere tale profilo, i risultati non verranno. L’elemento preoccupante è che nei territori sta avvenendo il contrario di ciò che sarebbe necessario. La federazione viene presentata come un’operazione politicista, senza una caratterizzazione significativa che non sia quella del valore in sé dell’aggregazione. E’ mia convinzione che se la federazione non dimostra da subito la sua utilità sociale – per esempio assumendo come centrale l’intervento sulla crisi – i rischi di fallimento siano molto concreti.
Il problema principale della proposta della federazione sta, però, nella sua compatibilità con lo sviluppo del nostro partito. Che vi sia questa compatibilità non è certo. Dipende dalle regole che la federazione si darà e che fino ad ora non abbiamo avuto l’occasione di approfondire. In presenza di una cessione di sovranità troppo consistente il partito sarebbe destinato a perdere la sua ragion d’essere, ma dipende anche da quanto è forte l’impegno al rilancio del partito. Non mi riferisco solo alla ricerca sul tema del comunismo, ma anche ad un intervento straordinario sul tesseramento, al sostegno all’iniziativa sociale dei circoli, alla formazione dei quadri e via dicendo. Questo impegno – dobbiamo riconoscerlo – oggi non c’è e il rischio che il partito tenda alla consunzione è reale. Qualcuno potrebbe pensare che, dato l’indebolimento subìto dal partito, non vi sia che un’unica possibilità: puntare tutto sulla federazione. Sarebbe un calcolo assai miope. Una federazione senza un forte partito comunista al suo interno non è destinata a durare, senza contare il fatto che l’indebolimento del partito alla fine si trasferirebbe alla federazione facendola diventare poca cosa. Per onestà, devo affermare che su questo punto nel dibattito sono emerse molte ambiguità e reticenze.
E vengo all’ultimo nodo, quello della gestione unitaria. Come ho avuto più volte occasione di ribadire, credo profondamente nel valore del pluralismo e quindi nel coinvolgimento nella gestione del partito di tutte le mozioni. Per questo sono favorevole alla proposta di allargamento della segreteria ai compagni della mozione 2, ma proprio in nome dello stesso principio di pluralismo è necessario che tale allargamento venga rappresentato per quello che è. Per farla breve, si tratta di dar vita ad una segreteria collegiale in cui vi è condivisione su alcune scelte, ma in cui permango differenze sul piano strategico. Da questo punto di vista, alcuni interventi dei compagni della mozione 2 sono stati, a tale riguardo, assai espliciti, marcando differenze di non poco conto sul giudizio sulla linea di Chianciano e sulla stessa idea di unità a sinistra. Allora, laicamente riconosciamo che tutti hanno il diritto a concorrere alla gestione del partito, che un confronto di idee è sempre meglio di una gestione di parte per quanto omogenea, ma non neghiamo le differenze, riconoscendole per quello che sono, specie se sono rilevanti.

Intervento di Laura Petrone al CPN del PRC - 12 /13 settembre 2009

La situazione esplosiva in cui versa il Paese con la deriva antidemocratica che sta vivendo, con la crisi economica che non si è ancora pienamente manifestata nei suoi aspetti più drammatici dal punto di vista sociale, fanno sì che la ri-costruzione di un Partito Comunista in Italia sia una necessità non più rimandabile.
Lo stato in cui versa il PRC col tesseramento al 40%, con la situazione economica che sta vivendo, con l’organizzazione ai minimi termini e il conseguente azzeramento dell’iniziativa politica in moltissimi territori, non sono soltanto il frutto di alcune sciagure che ci sono piombate addosso. È un vuoto di direzione politica quello che scontiamo, è la mancanza di chiarezza e di volontà di affrontare i nodi veri della discussione. La scelta del Segretario nazionale di rimandare la discussione su due questioni affatto secondarie, come il Congresso della CGIL e le prossime Elezioni regionali. È proprio in questo vuoto che si alimenta il disorientamento nel corpo del Partito. Sono d’accordo che non basta stare fuori ai cancelli delle fabbriche ad esprimere la solidarietà che meritano i lavoratori in lotta, ma come si fa ad assolvere al nostro ruolo storico se non si sciolgono questi nodi e non si fa la dovuta chiarezza all’interno dei luoghi democratici del Partito?! Come si fa a diventare punto di riferimento dei lavoratori se non siamo in grado di esprimere una proposta politica chiara anche sul terreno sindacale? Credo che saremo destinati a rimanere fuori a quei cancelli se non saremo in grado di determinare i rapporti di forza interni al Sindacato. L’isolamento voluto della CGIL pone milioni di lavoratori in un disagio che, ad oggi, non siamo in grado d’intercettare. E mentre l’ipotesi di cogestione delle aziende viene liquidata, Epifani bussa alla porta di Confindustria e la FIOM viene letteralmente cacciata dal tavolo delle trattative di Federmeccanica perché ritiene la sua piattaforma “non negoziabile” (circostanza che mette a rischio uno degli ultimi baluardi di resistenza all’interno del Sindacato), il nostro Partito assiste incapace di sostenere efficacemente le posizioni più avanzate. Occorre urgentemente ricostruire una nostra politica sindacale che possa rimetterci in campo in tutte le realtà lavorative e sociali del Paese.
Ritrovo ancora assenza di chiarezza nell’ipotesi di Federazione, che è stata avanzata dal Segretario nazionale prima fuori dagli organismi dirigenti del Partito, e, sebbene egli sia stato chiaro nello sfatare eventuali ipotesi di superamento o scioglimento del PRC nell’immediato, non lo è stato altrettanto sulle regole e sui soggetti da coinvolgere, che a mio avviso sono innanzitutto le formazioni comuniste alla nostra sinistra. La Federazione rischia di essere declinata in modi differenti sui territori in base più agli equilibri interni che ad un reale progetto politico. Rivolgo la massima preoccupazione naturalmente allo stato di salute del Partito perché, parallelamente alla costruzione della Federazione, occorre mettere in campo un’idea e una pratica di rilancio del PRC che non c’è.
Affronto due ulteriori questioni. Sull’ipotesi di governo istituzionale a termine, sebbene la proposta porrebbe il Partito a riparo in una eventualità che, francamente, non vedo alle porte, la caduta del Governo Berlusconi, penso che essa vada inquadrata nella battaglia complessiva di opposizione del PRC. Occorre lanciare una forte campagna di tenuta democratica per difendere le istituzioni e la libertà in questo paese e, solo in nome di questa, credo si possa anche parlare a soggetti politici lontani da noi.
In ultimo, ho sempre invocato la gestione unitaria del Partito quando la mia componente era all’opposizione interna, sono favorevole anche ora ma sempre nella chiarezza delle posizioni e della linea del Partito. L’ingresso dei Compagni della Mozione 2 in Segreteria non azzera le differenze politiche, che rappresentano sempre una risorsa, anche perché il pluralismo non è unanimismo. Mi auguro tuttavia che si facciano tutti gli sforzi possibili per la completezza di questa unità come base per la salvaguardia e il rilancio della Rifondazione Comunista.

venerdì 4 settembre 2009

PER LA RIPRESA DELLA RIFONDAZIONE COMUNISTA

di Daniele Maffione*

La formazione è una caratteristica essenziale di un partito comunista. Questa, però, non dev’essere intesa in modo dogmatico. Il marxismo è una scienza che si nutre della realtà. Dalla sua elaborazione può scaturire una nuova cultura politica e prendere moto un nuovo processo rivoluzionario. Rifondazione comunista tralascia troppo spesso questa esigenza, poiché si appiattisce su logiche interne e di apparato, che non consentono un reale processo di ricostruzione del partito comunista, prospettiva auspicabile per un partito in cui convivono più orientamenti politici. La preparazione dei quadri e dei militanti di un partito ne garantisce l’omogeneità teorica e l’innalzamento della preparazione culturale, con un conseguente miglioramento dell’efficacia politica e sociale del Partito stesso. Dal 26 al 31 agosto l’area programmatica e culturale Sinistra Comunista ha promosso a Rocca di Papa (Rm), situata nei Castelli romani, a pochi chilometri dalla storica località delle Frattocchie, la sua prima Scuola di formazione politica, proprio per ovviare a questa grave lacuna del Partito. L’intera iniziativa è stata ospitata nella villa di un compagno, che ha messo a disposizione la propria abitazione, trasformandola per cinque giorni in “Casa del Popolo”, garantendo una forte coesione fra i partecipanti. Giorno e notte un folto gruppo di militanti ha vissuto a stretto contatto, imparando anche ad autogestire i momenti di studio, aggregazione e ricreazione. La Scuola è stata principalmente rivolta ai Giovani Comunisti, ma è stata fin da subito aperta anche ai compagni del Partito, poiché l’esigenza della formazione è sentita dai militanti di tutte le età. La completa riuscita di questo evento, concepito da mesi, ha visto prodursi un notevole sforzo organizzativo da parte della nostra area, che, nonostante la natura sperimentale dell’iniziativa, è riuscita a garantire un elevato profilo culturale alla Scuola. Le tematiche affrontate sono state individuate sottoponendo a tutti i militanti un questionario, in cui venivano poste delle domande semplici, al fine di acquisirne il grado di preparazione. Dai risultati del questionario sono stati stabiliti dei criteri ed è stata fatta una cernita delle esigenze della base. In questo modo, sono stati individuati quattro temi da affrontare: 1- Il pensiero marxista e leninista nei suoi tratti essenziali; 2- il conflitto fra capitale e lavoro; 3- la questione democratica e l’antifascismo; 4- le questioni internazionali, con specifico riferimento allo stato dei partiti comunisti ed anticapitalisti in Europa. Per ogni tema sono stati scelti degli argomenti da affrontare ed individuati dei relatori. Fra gli altri, hanno contribuito alla riuscita dell’evento Gianni Ferrara, esperto nei temi di diritto costituzionale, e l’economista Emiliano Brancaccio, che hanno partecipato direttamente alla Scuola di formazione. Accanto a questi, alcuni compagni, giovani ed adulti, hanno fornito la propria preparazione culturale, mettendola a disposizione dei partecipanti. Tra questi, ricordiamo i contributi di: Arianna Ussi, docente precaria di storia e filosofia, che ha tenuto due eccellenti lezioni sul materialismo storico in Marx e sul concetto di egemonia in Gramsci; Andrea Montella, esperto nello studio della massoneria, che ha tenuto una lezione multimediale sul ruolo delle logge massoniche in Italia e nel mondo; Andrea Genovese, che ha svolto un lavoro di ricerca ed tenuto una lezione sui partiti comunisti e le formazioni anticapitaliste in Europa. Altri relatori hanno svolto lezioni sull’esperienza del P.C.I. e sulla concezione rivoluzionaria in Lenin. Alba Paolini, invece, ha curato una lezione sul Partito della Rifondazione comunista, che è l’unico partito comunista che un giovane dai trentacinque anni in giù può aver conosciuto nella propria esperienza militante. Questa lezione sul nostro Partito, tenuta da una fondatrice del P.R.C., è stata particolarmente sentita dai partecipanti della Scuola di formazione della nostra area, poiché l’errore di tutte le esperienze di formazione, sin qui concepite, è stato di rivolgere il proprio sguardo al passato, perdendosi in un’evocazione nostalgica dei fasti del comunismo, tralasciando completamente il presente. In questo modo, invece, è stato possibile comprendere il ruolo giocato dalle differenti formazioni politiche che hanno animato Rifondazione comunista, generando poi le aree, che costituiscono ed animano il nostro Partito.La Scuola di formazione è stata un vero successo, sia nei termini della partecipazione numerica, che è aumentata quotidianamente, sia nei termini dell’aggregazione umana e politica. Tant’è vero che a questa bella esperienza hanno partecipato molti compagni di altre aree politiche, a dimostrazione del fatto che la formazione è un’esigenza di tutta la base del P.r.c.. La Scuola poi, è stata conclusa il sabato dall’iniziativa pubblica intitolata: “Come proseguire il cammino della Rifondazione comunista?”, al quale hanno partecipato i compagni Pegolo, Valentini, Mantovani e la compagna Bracci Torsi. Il dibattito è stato interessante ed ha posto una discussione sui problemi della costruzione della federazione della sinistra d’alternativa e sull’unità dei comunisti. Entrambe le opzioni possono convivere soltanto rilanciando il processo della Rifondazione comunista, che non può nutrirsi soltanto di formule organizzative, ma deve vedere una ripresa del suo cammino, con l’elaborazione di una cultura politica creativa e rivoluzionaria, che muova dai contenuti politici e dalla naturale collocazione del nostro Partito nei conflitti degli oppressi e nei processi reali in atto nel Paese. Con l’esperienza della Scuola di formazione, Sinistra Comunista ha dimostrato a tutto il Partito che il ruolo delle aree non è inutile quando queste hanno vocazione unitaria e propongono elaborazione teorica e dinamismo sociale. Le aree possono svolgere un ruolo fondamentale nel Partito, se non propugnano battaglie interne per l’auto-riproduzione del ceto politico. La nostra esperienza è a disposizione di tutti i compagni del P.r.c.. Nostra intenzione è replicare la Scuola di formazione, di cui abbiamo diffuso fra i partecipanti i materiali, ed accompagnarla alla costruzione di seminari territoriali, che partano dalle esigenze della base militante e contribuiscano a riattivare il progetto originario della Rifondazione comunista, proponendo la costruzione del partito inteso come “intellettuale collettivo”.
*Giovani Comunisti, area programmatica e culturale Sinistra Comunista - P.R.C.