sabato 24 gennaio 2009

Per una svolta a sinistra tra i giovani comunisti

di Daniele Maffione*
L’ultima riunione del Coordinamento nazionale dei Giovani Comunisti si è tenuta il 28 settembre 2008: un’eternità in termini politici. Ancor di più se si calcola la quantità di eventi e mobilitazioni che sono succeduti finora. Senza proporre un elenco, ci si può soffermare sulle mobilitazioni studentesche e lo sciopero generale del 12 dicembre scorso, che hanno contraddistinto il quadro di conflitto degli ultimi mesi. Non ultima, le mobilitazioni in sostegno del conflitto greco e della causa palestinese, che richiederebbero la ripresa di un urgente impegno internazionalista da parte della nostra organizzazione.

Rispetto a queste mobilitazioni i Giovani Comunisti hanno scelto, parliamo dei massimi organismi dirigenti dell’Esecutivo nazionale, di non figurare come organizzazione politica, fornendo strumenti analitici e logistici ai propri militanti. Eppure, si contano a decine i militanti della nostra organizzazione che si sono impegnati attivamente nelle mobilitazioni, fornendo un contributo d’esperienza alla lotta, partecipando alla costruzione del movimento studentesco e delle varie agitazioni. Ma neppure il più attivo dei nostri militanti può dire di aver dato un reale contributo politico alla lotta, per una semplice ragione: perché i dirigenti dell’Esecutivo nazionale hanno scientemente predicato di non far funzionare i Giovani Comunisti. Le uniche due iniziative, se tali le si può definire, sono l’elaborazione della Onda card, una tesserina di plastica che avrebbe dovuto “generalizzare il conflitto” (non si sa con quali contenuti), e la proposta di tessera G.C. per il 2009, sulla quale da un lato è visibile un’assemblea del movimento studentesco dei mesi scorsi, di cui è illeggittimo dirsi continuatori, mentre dall’altro lato è posto il Muro di Berlino, eretto a simbolo di anti-comunismo da parte di tutte le organizzazioni di destra e neo-fasciste d’Europa.
Il punto principale adesso non è riaprire una polemica su queste due iniziative, di cui con poca lungimiranza non si è calcolato l’impatto sul corpo militante e su quei soggetti sociali verso i quali dovremmo rivolgere la nostra iniziativa. Il punto è comprendere a cosa sono serviti finora i Giovani Comunisti e la loro tanto decantata “autonomia”, focalizzando i punti dai quali proporre un progetto nuovo ed alternativo per la ricostruzione dell’organizzazione giovanile di Rifondazione comunista.


Stato dei Giovani Comunisti
Partiamo per gradi. A cosa sono serviti finora i Giovani Comunisti? Calcolando la proporzione tra innovazioni enunciate (disobbedienza, non violenza, scioglimento nei movimenti, liquidazione organizzativa, totale abbandono del terreno della lotta e del radicamento politico, privilegio delle azioni mediatiche, incontro con le organizzazioni moderate, costruzione del soggetto di sinistra e superamento del Partito) ed attività politica sviluppata, possiamo avanzare una prima ipotesi: i Giovani Comunisti non sono un’organizzazione che serve a costruire conflitto, bensì un pezzo dell’apparato di Partito, utilizzato scientemente per orchestrare consenso intorno a posizioni moderate e politiciste. Un caso a parte è l’impegno di tanti giovani compagni illusi da un falso piano di lavoro, di cui va riconosciuto l’impegno, che in queste ore stanno comprendendo quanto fossero strumentali certe posizioni.
Dimostrare ciò che dico è semplice, poiché tante prese di posizione assunte nel dibattito interno al Partito, negli ultimi difficili mesi, sono state prese senza consultare il Coordinamento nazionale, all’interno del quale non esistono soltanto la II mozione, bensì tutte le aree del Partito, che attualmente esprimono democraticamente la maggioranza che compone e sorregge la segreteria nazionale di Rifondazione comunista. Un esempio concreto sono le ultime dichiarazioni a firma dell’Esecutivo nazionale, acquisite tramite le pagine di Liberazione, in cui, in risposta alle dichiarazioni di Franco Giordano sull’imminente scissione, si sostiene che i Giovani comunisti da mesi non condividono “il percorso di costruzione del nuovo soggetto di sinistra”. Verrebbe subito da replicare: chi, tra i Giovani Comunisti, continua a condividere il percorso di costruzione del nuovo soggetto di sinistra? Allo stato attuale, valutando i margini di una tale operazione politica in Italia e gli effetti che produrrebbe circa l’ulteriore consolidamento delle destre in questo paese, sarei portato a dire proprio nessuno.
Qui, però, il punto non è tanto il metodo, bensì il merito della questione: l’Esecutivo nazionale dei Giovani Comunisti, con le posizioni assunte nel dibattito interno, ha dimostrato d’essere una componente organica della minoranza del Partito, legata ad un progetto revisionista e moderato, che è superato prima ancora di cominciare. La tanto decantata “autonomia” che vorrebbe portare avanti questo gruppo d’irresponsabili, è di continuare a gestire l’organizzazione come un megafono di tesi liquidatorie e disfattiste, tese a disincentivare il conflitto ed eliminarne i presupposti più avanzati, come il partito comunista.
L’autonomia dovrebbe essere costruita, ma non a partire dall’intero progetto della Rifondazione comunista, bensì rispetto all’originalità con cui i Giovani Comunisti dovrebbero concretizzarla circa le giovani generazioni.

Un nuovo progetto politico
E’ del tutto evidente, in questo quadro politico e sociale, che non può bastare la convocazione di una riunione del Coordinamento nazionale ogni cinque o sei mesi per dirimere i nostri problemi. L’egemonia culturale e politica che le destre esercitano nella società, governando le crisi prodotte dal capitalismo, in uno scenario in cui il nostro Partito è fuori dal Parlamento, indicano compiti assai diversi ai Giovani Comunisti rispetto al passato.
Anzitutto, sarebbe utile abbandonare definitivamente la rappresentazione farsesca della politica, fatta tramite slogan privi di contenuto ed a suon di proclami mediatici. Allo stato attuale, sarebbe opportuno recuperare il piano dell’attività politica tra i giovani, i loro luoghi di studio e di lavoro, analizzando le loro forme di emarginazione, alienamento ed aggregazione.
Poi, sarebbe necessario mettere a fuoco tutti i limiti strutturali della nostra organizzazione, che esce devastata dopo anni di “innovazioni”, che non hanno prodotto altro che una torsione degli spazi democratici ed uno scollamento totale tra il gruppo dirigente centrale, i gruppi dirigenti periferici e la base. Si contano sulle dita di una mano, ad esempio, le Conferenze regionali tenutesi dopo la Conferenza nazionale del 2006; regioni con migliaia d’iscritti, come la Campania e la Sicilia, non hanno rieletto un coordinamento regionale con organismi dirigenti locali.
Inoltre, un altro dato andrebbe monitorato: il tesseramento. Così com’è concepito ora, il tesseramento è stato utilizzato come grimaldello nelle contese congressuali, che serviva a sostenere un gruppo dirigente e la sua proposta politica. Quanti reclami sono stati presentati nella sola conferenza provinciale di Napoli, dove i Giovani Comunisti hanno il loro maggior numero d’iscritti in Italia, durante la scorsa Conferenza? Dalla sera alla mattina sbucavano fuori decine di tessere e di voti a sostegno del documento di maggioranza, quello “bertinottiano”. Una proposta aperta ai compagni della II mozione
Con franchezza, credo che le percentuali bulgare ed anche quel 47% di cui si appropriano indebitamente Giordano, Vendola e Migliore, che finalmente hanno calato la maschera e rivelato le proprie ambizioni liquidatorie e scissioniste, fanno poco onore ai tanti compagni della II mozione che pure hanno costruito nei propri territori il Partito, magari portando pochi voti, ma costruendo con onestà la propria proposta politica. Una nuova Conferenza nazionale costruita con slogan avvelenati ed un tesseramento drogato, in cui la spunta sempre il più furbo, quello con più “cammelli”, affosserebbe definitivamente i Giovani Comunisti.
La mia proposta è di tentare di costruire un comitato provvisorio nazionale, che si riconosca nel percorso di costruzione del Partito e nella linea sancita a maggioranza dal Congresso di Chianciano, che traghetti i Giovani Comunisti verso un rilancio della propria attività militante ed una nuova Conferenza nazionale, convocata su presupposti politici nuovi e non sulla semplice e dannosa “conta” sulle tessere. In questo percorso, che dev’essere aperto a tutte le aree della nostra organizzazione, compreso quei compagni della II mozione che avversano la scissione, potranno essere posti i punti cardine della ripresa della nostra iniziativa politica nella società, su basi il più possibile unitarie e di sinistra.
Quanto al piano della proposta politica, i Giovani Comunisti devono trovare una piattaforma ampia e condivisa dalla quale ripartire. Infatti, è mia opinione ritenere un errore la critica totale ai movimenti, che pure è stata mossa negli anni da singoli e da componenti di questo Partito: i movimenti sociali nascono e si affermano come un elemento di contraddizione rispetto alla società capitalista; come tale, ognuno di essi è un potenziale bacino di dissenso rispetto al sistema capitalista. Non tutti i movimenti, però possono rispondere a questo obiettivo, infatti la politica interviene proprio per analizzarne le origini, la composizione e gli obiettivi. Per questo, i Giovani Comunisti non possono commettere sempre lo stesso errore, ritenendo il movimento, in quanto tale, un elemento positivo, perché ogni agitazione presenta delle sue caratteristiche, che vanno comprese se si vuole adeguatamente intervenire e spostarne più avanti i contenuti.
In altri termini, i Giovani Comunisti devono apprendere dai movimenti le rivendicazioni e la capacità di mobilitazione, ma educarli alla lotta suprema, quella contro il capitalismo.
Porsi, come hanno fatto sin qui i dirigenti nazionali dei G.C., vuol dire rinunciare a qualsiasi forma d’intervento nelle mobilitazioni, abbandonarsi allo spontaneismo che elimina qualsiasi presupposto di lotta per l’egemonia politica e culturale. Utilizzare, in questi termini, i “movimenti” per legittimare le proprie posizioni nel dibattito interno, è ormai divenuto un esercizio tanto inutile, quanto sterile, poiché non comporta alcun cambiamento nella realtà (vedi il caso del movimento studentesco dell’Onda).


Per una svolta a sinistra tra i G.C.
Infine, è opportuno comprendere che anche chi si vuole adoperare per superare questo tipo d’impostazione della politica deve compiere dei passi in avanti. La maggioranza scaturita democraticamente dal VII Congresso del Partito a Chianciano, ha sostenuto la necessità di dotarsi di un documento politico. Questo documento va necessariamente ripreso e sviluppato, tenendo in considerazione i problemi legati al fare politica tra i giovani al giorno d’oggi, abbandonati a se stessi dalle organizzazioni di massa della sinistra e lasciati nelle braccia del capitale, che li bombarda con il consumismo e l’egoismo.
E’giunto il momento di costruire la maggioranza di Chianciano anche tra i Giovani Comunisti, poiché è impensabile continuare ad avere tante aree e gruppi divisi che fronteggiano la II mozione, sul cui ruolo bisogna diffidare fin quando conserva il saldo controllo dell’organizzazione giovanile. Anzitutto, bisogna constatare che l’unica iniziativa presa in tal senso, e neppure senza tutti i presupposti d’unità scaturiti a Chianciano, è stata la stesura dell’appello sulla tessera G.C. del 2009, che non è stato adeguatamente preparato da una riunione ed un percorso politico, quanto piuttosto affidato all’iniziativa dei singoli. Pensare di strutturare un cammino del genere, dove ognuno corre per conto proprio, è impensabile, poiché replicherebbe le storture e le deformazioni del protagonismo individuale che fin qui hanno contraddistinto i dirigenti dei G.C.. Invece, sarebbe opportuno approntare una riunione nazionale preliminare dei membri del Coordinamento nazionale, con una successivo attivo nazionale dei giovani compagni che si riconoscono nella svolta a sinistra di Chianciano.
Questo percorso è già operativo, come sempre accade, dal basso, cioè in alcune federazioni dislocate dal Nord al Sud Italia, che si prodigano per uno sforzo unitario sia per respingere le posizioni liquidatorie di alcuni membri dell’Esecutivo nazionale, sia per rilanciare l’organizzazione giovanile nelle battaglie sociali. Alcuni esempi sono le federazioni di La Spezia, dove il coordinamento provinciale ha assunto l’iniziativa circa la campagna di tesseramento votando un ordine del giorno unitario; Napoli, dove da due mesi si è costituito il coordinamento dei Giovani per la Rifondazione Comunista (G.R.C.), che ha preparato la partecipazione allo sciopero generale del 12 dicembre, e Catania, dove ci si appresta a discutere dell’imminente contestazione al G8.
Ma è sul piano nazionale che bisogna strutturare questo percorso unitario, a partire dalle questioni politiche. Bisogna richiedere la convocazione di un Coordinamento nazionale ed effettuare una mappatura generale dell’organizzazione, verificando nell’Esecutivo e nei territori chi ha seguito la scissione del gruppo Giordano-Vendola-Migliore. Una volta fatto questo, bisogna richiedere le dimissioni immediate dell’Esecutivo nazionale, che non pone più le garanzie di affidabilità politica, e costruire un comitato transitorio, composto da tutte le componenti (anche i compagni della II mozione) che hanno intenzione di proseguire il cammino della Rifondazione comunista. Successivamente, bisognerà discutere i tempi per la convocazione di un nuova Conferenza nazionale, comprendendo come articolare il rilancio dei Giovani Comunisti.
Pur nelle diversità, l’unità è l’unica strada che le componenti di Chianciano possono percorre per ricostruire l’organizzazione giovanile su tutto il suolo nazionale e prepararla ad una lunga battaglia di posizione nella società, che rischia di scivolare, tra profitti, malaffare e rigurgiti neofascisti, sempre più a destra. Eventuali fughe in avanti, o frazionismi, rischiano di riconsegnare il patrimonio politico ed umano di questa organizzazione nelle mani di un gruppo di burocrati, legati a posizioni moderate, che la lotta di classe non può più tollerare.
Fonte: sinistracomunista.it


* Coordinamento Nazionale Giovani Comunisti, Area Sinistra Comunista

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