venerdì 30 gennaio 2009

Prc. Gli scissionisti chiedono l’unità, ma guardano a D’Alema

Gianluigi Pegolo (Prc): “La scissione di Chianciano è solo un’operazione che guarda con subalternità al Pd”
di Carlo Sandri


Nella conversazione con Gianluigi Pegolo, membro della segreteria del Prc e responsabile dell’area Democrazia e Istituzioni del partito, abbiamo affrontato, dopo i problemi che compongono il quadro politico e sociale del paese, le questioni più strettamente interne alla sinistra alla luce della scissione di Chianciano. Di seguito il testo dell’intervista.

Se la riforma della legge elettorale per le europee sarà votata così com’è, cosa accadrà alla sinistra?
Vedremo. Oggi occorre rispondere con durezza e gestire una campagna di controinformazione molto efficace. Credo, in particolare, che il Pd debba essere messo di fronte alle sue responsabilità.

Ma cosa cambia nei rapporti a sinistra?
E’ ovvio che se la soglia di sbarramento fosse molto alta occorrerebbe dar vita ad una coalizione elettorale.

E la scissione decretata con l’assemblea di Chianciano?
Questo dimostra ancora di più il paradosso di quell’operazione che per unire la sinistra ha provocato la rottura della sua forza principale. Il dato più evidente è che siamo di fronte ad una scissione senza un progetto chiaro, molto confusa, molto rancorosa. La cosa più paradossale è che in quella riunione, non si è parlato nemmeno dei partner con cui gli scissionisti intendono dar vita al nuovo partito della sinistra. Tutti sappiamo che si punta ad un’unificazione con Sd, ma di questo si è completamente taciuto.

Perché dici che non ha un progetto chiaro?
Chi se ne va da Rifondazione Comunista oggi, si lamenta di una sorta di regressione culturale del partito. Mi chiedo proprio dove sia tale regressione. In realtà la maggioranza sta semplicemente lavorando lungo il percorso della rifondazione comunista che è stata l’ispirazione del partito fin dalle sue origini. La scissione quindi viene motivata con argomenti deboli e strumentali. Ma poi, cosa propone? In sostanza la costituzione di un nuovo partito della sinistra. Su che basi? Se stiamo a prima del congresso, per essere più forti, per incidere di più. Ma, come dicevo, questo approdo si consuma oggi spaccando la più grande forza della sinistra. Non c’è male come paradosso. Senza contare che quel progetto era già fallito con il risultato disastroso dell’Arcobaleno alle scorse politiche.

Fuori dal paradosso, a Chianciano molti sono stati i silenzi, si è messa la sordina sulla possibile, reale, operazione politica, perché sono emersi orientamenti diversi. Una tua ipotesi?
Allora quello che resta è la scissione di un ceto politico che non accetta di aver perso il controllo del partito e tenta di farne un altro. A meno che, in realtà, quel progetto non nasconda un altro obiettivo, che a me pare l’unico argomento politico di una qualche consistenza, e cioè la volontà di fare un’operazione che guarda al Pd. O verso un avvicinamento graduale che si traduca in un’alleanza organica (qualcosa di molto più compromettente del tradizionale centrosinistra), o verso l’unificazione con un pezzo dello stesso Pd, nel caso questo si scinda, con l’approdo definitivo nella costruzione di un partito socialista. Nell’un caso o nell’altro stiamo parlando di una scelta subalterna al Pd nella sua interezza o in una sua parte. Peraltro, le dichiarazione di Rina Gagliardi o di altri su D’Alema, leader di un nuovo partito della sinistra, la dicono lunga sui retro-pensieri del gruppo dirigente degli scissionisti.

Un simile progetto può avere una qualche prospettiva dato lo scenario politico del nostro paese, ma anche europeo?
No, è fallimentare per due ragioni. La prima è che sancisce la rinuncia a svolgere un qualsivoglia ruolo di sinistra alternativa nel paese. E’ cioè – come fu nell’89 il disegno di Occhetto – una scelta di omologazione, il rientro nell’alveo della sinistra moderata italiana. Una ben misera parabola per un personale politico che in questi anni si è nutrito ogni giorno di movimentismo e alternatività. La seconda ragione sta nel fatto che si tratta di un progetto privo di prospettive. Primo, perché chi si illude della scissione del Pd, vive fuori della realtà. Nonostante i fallimenti, ben difficilmente i dirigenti di quel partito si separeranno. Sanno bene che questo significherebbe la loro fine. Secondo, perché un’alleanza organica col Pd porta dritto all’entrata in questo partito, data l’impossibilità di mantenere un profilo autenticamente di sinistra per chi stringe con esso un’alleanza strategica.
Fonte: dazebao.org

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