venerdì 30 gennaio 2009

Proviamoci anche in Italia

di Dino Greco

Ieri tutta la Francia si è fermata. Si è trattato di uno sciopero generale imponente, che tale è stato fuori da ogni enfasi propagandistica. Proclamato da tutte le sigle sindacali, ha paralizzato il Paese per l'intera giornata. A Parigi, Marsiglia, Lione, Bordeaux, centinaia di migliaia di persone hanno dato vita a grandi cortei.
Ma in oltre duecento città -mentre scriviamo la mobilitazione è ancora in corso- si sono svolte manifestazioni di massa. Le stime, ancora parziali, parlano di 1.500.000 persone coinvolte. Con una novità, per nulla scontata per i transalpini: sono scesi in lotta davvero tutti. Ai lavoratori pubblici, da sempre nerbo delle mobilitazioni, si sono uniti anche pezzi del settore privato, della grande distribuzione, del manifatturiero. Persino i magistrati e financo i dipendenti della borsa di Parigi hanno deciso di interrompere il lavoro. Ma cosa spiega un'adesione corale di queste proporzioni? E quali sono gli obiettivi che hanno unificato sindacati tradizionalmente divisi? Innanzitutto il rigetto di un politica economica del governo accusata di rovesciare sui lavoratori, sulle lavoratrici e sulla parte socialmente più debole ed esposta i costi della crisi, il rifiuto della precarietà che sta compromettendo il futuro di un'intera generazione. Poi, la difesa dei servizi pubblici, contro i tagli alla scuola. E ancora, la questione salariale, con la richiesta di una radicale inversione nella iniqua distribuzione del reddito che ha favorito il capitale ed impoverito il lavoro. De te fabula narratur, viene da pensare guardando ai fatti di casa nostra, dove i medesimi temi si propongono in una versione aggravata: per le condizioni generali del Paese, per la ineffabile inerzia del governo, per la protervia antioperaia della Confindustria e per l'atteggiamento corrivo di Cisl e Uil. Dalla Francia viene ora una scossa salutare. Sarebbe utile, qui da noi, imparare a parlare lo stesso linguaggio. Forte e chiaro. L'unità che si è spezzata fra gli stati maggiori del sindacato può riprendere dal basso. La lotta, quando risponde a bisogni reali, ha sempre un valore costituente: cambia i rapporti di forza, cambia le cose e le persone. Ed esercita una funzione persuasiva anche sui soggetti collettivi. Il 13 febbraio prossimo, metalmeccanici e dipendenti pubblici della Cgil faranno da apripista. La Cgil, da parte sua, indirà assemblee in tutti i luoghi di lavoro e promuoverà il referendum sull'accordo che Cisl e Uil hanno firmato senza alcun mandato. E' da lì che si può ripartire. Avanti, dunque, senza paura.
Fonte: Liberazione

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