giovedì 12 febbraio 2009

Decreto Sicurezza: un giro tra “fantasmi” e “tromboni”

di Alessandro Bongarzone

Diradano già le visite in ospedale da parte degli immigrati. La paura delle denunce. I medici: “ non siamo spie”.

ROMA - Continua a far discutere il decreto sicurezza nonostante non sia ancora divenuto Legge. Dopo la presa di posizione della Puglia contro la modifica del 365 del Codice Penale, si moltiplicano gli enti locali che assumono la stessa posizione.

Così l'assessora alle politiche sociali del comune di Genova, Roberta Papi, rispondendo ieri ad una interpellanza presentata da un consigliere del PD, ha messo in chiaro la posizione della giunta affermando: “Siamo contrari, soprattutto per il rischio che i clandestini non si facciano più curare negli ospedali, facendo aumentare il pericolo di infezioni e epidemie di malattie che per noi sono solo un ricordo”. Palazzo Torsi, dunque, prende le distanze e si schiera a fianco dell'Ordine dei Medici della Liguria e della Regione che, già ieri, dopo una riunione tra l'assessore alla Salute, Claudio Montaldo, l'ordine regionale, le organizzazioni sindacali dei sanitari, le direzioni sanitarie e l'agenzia sanitaria regionale, hanno espresso “profondo rammarico, dissenso e preoccupazione per l'approvazione dell'emendamento relativo alla facoltà di denuncia degli immigrati irregolari da parte dei medici”. “Ci opponiamo con tutte le nostre forze - hanno ribadito i presenti - a questo provvedimento che tenta di minare l'antico principio del segreto professionale, fondamento stesso del codice di deontologia medica e mette in pericolo la tutela della salute dei cittadini”. "Tale provvedimento - hanno continuato - lede i principi di salute pubblica, sanciti dalla Costituzione italiana che garantisce il diritto di cura a tutti gli individui e rischia di generare un universo parallelo, dolente e incontrollabile, lontano dalle giuste cure e dalla prevenzione vaccinale”. Ed è proprio su questo versante, infatti, che si manifesta la preoccupazione più grande dei sanitari impegnati in prima linea che, appena dopo pochi giorni, peraltro a decreto non ancora in vigore, iniziano a verificare le prime defezioni. All'accettazione dell'ospedale “Le Molinette” di Torino gli operatori hanno dichiarato che il primo segnale fuggi fuggi dalla sanità pubblica lo hanno lanciato i cinesi. “Hanno ricominciato a fornire generalità false - spiegano gli operatori dell'accettazione - loro sono i più attenti a ciò che si dice attorno agli stranieri: se si nascondono, allora vuol dire che tutti si stanno agitando. Quando c'è allarme, cambiano una, due, tre identità. E ne daranno ancora una diversa quando torneranno per un controllo o per un esame. Lo fanno anche le donne incinte o che devono partorire”. Raccontano la storia di Llukani un albanese prepotente e paraplegico che girava sulla sedia a rotelle nei reparti del Cto che le forze dell'ordine sono andate ad arrestare in corsia. Aveva vecchie storie con la giustizia italiana ma il fatto che fosse clandestino, un fantasma per il servizio sanitario nazionale, ovvero che in pochi riuscissero a sopportare la sua arroganza, non c'entra nulla in quanto per due anni l'uomo è rimasto nell'ospedale traumatologico della città, senza che a nessun medico e a nessun infermiere passasse mai per la testa di chiamare la polizia o i carabinieri. “E non lo faremo neppure dopo, quando sarà entrata in vigore quella norma che abolisce il divieto di denunciare gli irregolari - ripetono gli uomini e le donne con il camice bianco sul quale, ora è comparso un adesivo rosso con una frase che pare la rivisitazione dell'antico giuramento d'Ippocrate: “Non siamo spie!”. Stessa situazione in via Cottolengo, dove alle spalle del mercato di Porta Palazzo, c'è un ambulatorio medico di volontari, intitolato alla lettera pastorale del cardinale Pellegrino “Camminare insieme” ma fondato da Corrado Ferro, socialista, pensionato ed ex segretario regionale della UIL. Nella struttura lavorano oltre cento tra medici, infermieri e impiegati a cui, da sempre nella storia della Torino extracomunitaria, si presentano anche quelli che non hanno il permesso di soggiorno. Venerdì scorso, quando i Tg e i giornali hanno messo in moto il tam tam, la sala d'aspetto è rimasta vuota. “Per la prima volta in 15 anni - racconta Ferro - e dire che abbiamo assistito gratis più di 30 mila persone, fornito 110 mila prestazioni mediche con una media di 50 passaggi al giorno, 7.500 ogni anno”. Per questo, anche quelli di “Camminare insieme” hanno preparando un cartello ("Noi non denunciamo nessuno") da affiggere alla porta. “Lunedì - dice la coordinatrice, Cristina Ferrando - sono arrivati, uno dietro l'altro, un marocchino e una donna albanese. Lui doveva essere mandato in ospedale, per una polmonite: ha voluto andare a piedi perché non si fidava a salire sul tram e temeva di incappare nella polizia. La ragazza è al secondo mese di gravidanza e fa la badante. Ci ha chiesto di poter venire la domenica, quando siamo chiusi: è terrorizzata che nella casa dove lavora scoprano tutto e la caccino”. Il professor Valerio Gay, docente di medicina d'urgenza e responsabile del pronto soccorso de “Le Molinette” è esplicito nell'esprimere le preoccupazioni diffuse tra i medici. “Non c'è dubbio - ha detto - questo è già l'effetto della paura: solo una settimana fa, gli immigrati erano di più. Credono che la nuova legge sia in vigore e non vengono più. Che cosa significa lo capiremo tra qualche mese...”. “Il pronto soccorso - ha detto il professor Gay - è la "sentinella" della salute di una città. Qui scattano gli allarmi e si può porre rimedio a rischi improvvisi. Ad esempio la tubercolosi. L'Istituto superiore di Sanità parla di 5 mila nuovi casi ogni anno e, perché si diffonda, basta che il malato respiri in un ambiente chiuso. Ma non è tutto - ha concluso il responsabile del pronto soccorso di Torino - che cosa capiterà se i genitori clandestini, per paura, non ci porteranno più i loro figli che stanno male?”. Sacrosante preoccupazioni soprattutto perché abbiamo saputo che proprio in quel pronto soccorso è stato scoperto il primo caso in Italia di febbre dei Balcani: sarà ancora possibile dopo?. Purtroppo, mentre cresce la preoccupazione e, fortunatamente, la maggioranza dei medici si dichiara indisponibile alla “delazione” i soliti tromboni plaudono e fanno il tifo. Nella maggioranza è tutto un rincorrersi ad assumersi i meriti e la paternità del provvedimento, sia sul versante della modifica al 365 del CP sia su quello dell'introduzione delle ronde.Non poteva mancare, quindi, la presa di posizione del pro sindaco di Treviso che ricorda al Paese come: “Noi già nel '97 uscivamo con la Protezione Civile e gli Alpini armati solo di telefonino e andavamo nei posti più pericolosi dove c'era droga, prostituzione di gay e lesbiche”.Come a ricordare, a chi l'avesse dimenticato, che fu proprio lui, "il leone di Treviso", come ama farsi chiamare, tra i primi a costituire le ronde. "Io sono lo sceriffo d'Italia numero 1 perché non tollero l'immigrazione illegale - spiega Gentilini - A Treviso su una popolazione di ottantamila abitanti abbiamo 4000 extra comunitari a posto. L'immigrazione va controllata e le leggi rispettate”. Ma essere un lavoratore in regola - e qui scatta l'ennesima discriminazione - non è una condizione sufficiente per poter prendere parte nelle ronde perché, spiega il pro sindaco, “Solo i cittadini italiani saranno ammessi perché qui non siamo in Abissinia con le forze aggregate degli Ascari, quelli erano tempi di guerra”.Parole chiare, che non lasciano spazio all'interpretazione e che non consentono al alcuno di stupirsi se poi, in giro per il mondo c'è qualcuno che ci accusa di xenofobia come ha fatto Il ministro degli Esteri romeno, non più tardi di questa mattina, dalle frequenze della radio statale Romania “Actualitati”. “Nel governo italiano c'è chi incita alla xenofobia” - ha detto - Cristian Diaconescu puntando l'indice contro chi, “alcuni rappresentanti del governo italiano”, usa “una retorica molto aggressiva e provocatrice, e incita alla xenofobia” evidenziando, inoltre, come “questo non sia un comportamento europeo”. “In Italia esiste un certo atteggiamento al livello della classe politica, del governo, che non riesco a spiegarmi", ha proseguito il ministro che ha quindi concluso dicendo: "Ogni Stato ha il diritto sovrano di sanzionare con la durezza che ritiene necessaria i reati commessi da qualsiasi persona, ma non è giusto lanciare l'anatema contro un'intera comunità”.
Fonte: dazebao.org

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