sabato 14 febbraio 2009

Elezioni europee: una proposta per unire, per raccogliere consensi, ma senza imbrogliare

di Ramon Mantovani


La direzione del Partito della Rifondazione Comunista ha licenziato un documento importante, frutto di una lunga ed elaborata discussione, sulle prossime elezioni europee.
Prima di ogni altra cosa mi preme sottolineare che si tratta di una proposta articolata, chiara, che è stata discussa dentro la direzione del partito senza essere anticipata sui mass media. Questo metodo, che ovviamente vale per proposte importanti come questa e non per le semplici ed ordinarie prese di posizione in linea con scelte già compiute, ha il vantaggio di permettere ad ogni compagna e compagno di partecipare alla formazione delle decisioni senza essere costretto/a, nei fatti, ad appoggiare o respingere quanto annunciato dal segretario in televisione. Bisogna sapere che ha anche lo svantaggio di essere poco visibile sui mass media che amano solo le “anticipazioni” e le semplificazioni.
Ma è un prezzo che bisogna pagare per rispettare la democrazia e soprattutto per avere decisioni realmente condivise.
Il documento politico (visibile sia su Liberazione del 12 febbraio sia sul sito del PRC) è esplicito, non aggira problemi, ed è fortissimamente unitario.
Ovviamente c’è da attendersi che i mass media, nelle prossime settimane, tentino di ridurre di nuovo la discussione a beghe e manovre fra leader e sigle varie. Come c’è da attendersi che ne vengano fornite più o meno malevole diverse interpretazioni. Non bisogna spaventarsi e lasciarsi sviare nella discussione.
Mi interessa, in questa sede, dire la mia opinione su alcuni punti salienti del documento e della discussione sulla scadenza elettorale europea del prossimo giugno.
1) la proposta di una lista unitaria è congegnale al superamento dello sbarramento? E’ l’adunata, la sommatoria, il cartello di sigle sulla base del terrore di non riuscire a superare lo sbarramento? La mia risposta è no! Non solo perché c’è l’ambizione a superare agevolmente lo sbarramento. Soprattutto perché è una proposta che tenta di unire sulla base di una politica e di precise discriminanti. Sia nell’analisi della situazione e dei prevedibili sviluppi della crisi capitalistica sia nei confini indicati è offerta alla discussione delle forze politiche, delle realtà di movimento e dei singoli militanti la ricerca di una reale convergenza politica e programmatica. Senza un confronto serio su questo ordine di problemi ci sarebbe solo la discussione sul contenitore e si farebbe una campagna elettorale confusa e contraddittoria. Per avere la capacità di raccogliere tanti voti bisogna che la lista abbia un’anima, che trasmetta la sensazione che chi vi partecipa lo fa per una battaglia condivisa veramente, che ci sia il massimo di chiarezza. Quindi, anche se in tempi rapidi, è necessario che alcuni punti, fino ad ora controversi, siano sviscerati ed affrontati con spirito unitario ma senza nasconderli o, peggio ancora, trattarli superficialmente. Perché elettori e militanti non sopporterebbero l’ennesimo imbroglio. Non tollererebbero che all’indomani delle elezioni la esibita unità si rivelasse falsa alla prima votazione problematica nel parlamento europeo. Ed anche perché superare realmente importanti divergenze può essere alla base di un processo unitario di più lungo respiro mentre far finta che le divergenze non esistono sarebbe certamente un ostacolo insormontabile, il giorno dopo il voto, per una unità strategica.
Vorrei far notare che tutto ciò è esattamente il contrario della ventilata lista di sinistra di cui discutono Sinistra Democratica, Movimento per la Sinistra e Verdi. Che in alcune versioni sarebbe anche composta da Radicali e Partito socialista. E che, comunque, avrebbe come confine una scelta ideologica precisa: quella anticomunista. Oltre a dividersi, nel caso di elezione di parlamentari, in tre, o forse quattro, diversi gruppi parlamentari.
L’aver parlato chiaro e proposto il proprio punto di vista non è intento egemonico. E’ bene che altri punti di vista e proposte siano avanzate nella chiarezza, senza diplomatismi ed infingimenti. Se ne discuta fraternamente sulla base della pari dignità. Ci sono tutte le condizioni per costruire, come ho già detto, una reale convergenza. Non bisogna avere paura di questa sfida.
2) Rifondazione Comunista ha un progetto politico. Oserei dire che il binomio rifondazione comunista è un progetto politico. Un progetto che si alimenta di un’analisi del capitalismo contemporaneo, della scelta di una precisa collocazione nel movimento mondiale contro la globalizzazione e del profilo politico di un partito che si è autocriticato pesantemente per l’esperienza dell’ultimo governo Prodi e che ha scelto di rimettere il baricentro della stessa attività di partito nella ricostruzione dei legami sociali, della solidarietà degli oppressi, per uscire dalla crisi dal basso e a sinistra.
Questo progetto non può e non deve in nessun modo essere pregiudicato da scelte elettorali confuse o, peggio ancora, volte a realizzare altri progetti.
Il campo delle forze a cui noi rivolgiamo questa proposta è chiaramente indicato. Si tratta di forze politiche come il Pdci, Sinistra Critica, il PCL e di realtà organizzate in associazioni interne ai percorsi del movimento no global e di persone legate alle lotte e ai movimenti locali e globali di tutti questi anni. L’invito è a discutere insieme. Non c’è l’idea che i partiti trovano la loro quadra e poi inseriscono qualche personaggio non iscritto affinché svolga la classica ed inutile funzione di fiore all’occhiello.
Non si deve ignorare che ci sono altri progetti politici nel campo delle forze sopraindicato. Bisogna solo verificare quanto siano diversi e se la loro convivenza e reciproco rispetto in una lista comune sia effettivamente possibile.
In altre parole, per fare un esempio chiaro, esiste anche il progetto dell’unità comunista avanzato dal PdCI o quello della costituente di un nuovo partito anticapitalista avanzato da Sinistra Critica.
Io penso che siano progetti rispettabili e che abbiano una logica.
Credo che possano tranquillamente convivere nella lista che proponiamo e credo che la costruzione di un programma comune alle elezioni europee favorisca un confronto fecondo tra i diversi progetti.
Penso, invece, che dire che la lista si fa per costruire un unico partito comunista o che si fa escludendo la partecipazione a tutti i governi locali sia il modo migliore per arrivare a nuove e definitive divisioni. Detto per inciso sarebbe anche un regalo per la costituente lista della sinistra light.
Per essere chiaro fino in fondo io non solo non escludo ma auspico che non ci sia più una pletora di partiti che si richiamano al comunismo. Così come mi pare che, per essere esplicito anche sul versante di Rifondazione, ci siano giunte dalle quali bisognerebbe essere già usciti, come quelle della Campania e della Calabria, ed altre nelle quali non bisognerebbe entrare, come quella di Bologna prossima ventura.
Ma non è sul terreno delle elezioni europee che si può avanzare su queste questioni.
Le divergenze ci sono e sono dovute a progetti strategici e perfino a concezioni di partito antitetiche fra loro. Dire, come ripete sempre Diliberto, che il governo Prodi è caduto a causa della nascita del PD, che la sconfitta elettorale è colpa dell’autosufficienza di Veltroni e che se si sostituisse quest’ultimo con un altro leader si potrebbe rifare subito il centrosinistra è coerente con il progetto del PdCI ma è lontanissimo dal nostro e da quello di Sinistra Critica.
Proclamare ai quattro venti l’unità comunista e scoprire la divisione sul rapporto col PD dopo pochi mesi sarebbe catastrofico.
Non si può chiedere al PdCI, a Sinistra Critica o ad altri di rinunciare al proprio progetto ma non si può e non si deve chiedere a Rifondazione Comunista di rinunciare al suo.
Il PdCI pensa che ci voglia un unico partito comunista? Bene. Sinistra Critica pensa che si debba uscire da tutte le giunte e che vada costruito un nuovo partito anticapitalista con certe caratteristiche? Bene. Ma intanto si faccia la lista unitaria giacché ci sono tutte le condizioni programmatiche per farlo, si stia insieme nelle lotte, si conducano campagne insieme, ci si coordini. Ma, nel contempo, si discuta delle divergenze politiche e di quelle culturali. Con calma, con pazienza, seriamente ed approfonditamente.
Perché precipitare tutto alle elezioni? Perché la lista unitaria dovrebbe essere preclusiva dei progetti del PRC, del PdCI e di Sinistra Critica se tutti gli eletti andranno nello stesso gruppo parlamentare e se saranno vincolati su un programma ampiamente condiviso? E soprattutto perché alienarsi l’adesione ad una lista di tante associazioni, centri sociali, sindacalisti e così via collegando alla lista un progetto politico escludente?
3) Il simbolo. E’ l’ultima delle cose. Noi chiediamo che si parta, e non che si arrivi, nella discussione dal simbolo di Rifondazione Comunista. Sia perché è stato comune a molti sia perché è sempre stato il più votato e conosciuto. Perfino da un punto di vista strettamente elettorale sarebbe un grave errore inventare un simbolo nuovo che, anche contenendo la falce e martello, risulterebbe estraneo nella percezione di milioni di elettori. Quando si dice “a partire” si dice che si può integrare, modificare e rendere riconoscibile per tutti. Non basta? Discutiamone, ma non se ne faccia una questione di vita o di morte. Non lo capirebbe nessuno.
Fonte: http://ramonmantovani.wordpress.com/

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