domenica 8 febbraio 2009

Perché essere in piazza a Roma a fianco dei lavoratori

Contro l’attacco autoritario a lavoro e democrazia

di Roberta Fantozzi*

Non è la normale enfasi che accompagna ogni momento di mobilitazione condivisa, che ci fa dire che lo sciopero e la manifestazione nazionale del 13 febbraio, indetti dalla Fiom e dalla Funzione Pubblica della Cgil, assumono una valenza straordinaria. E' il tempo e il contesto in cui si situano che li carica di un valore che va oltre quello di un "normale" sciopero di due categorie, di una "normale" manifestazione nazionale.E' il tempo straordinario della crisi planetaria delle politiche neoliberiste, è l'eccezionale gravità dell'attacco che il Governo e Confindustria stanno portando ai diritti del lavoro e alla democrazia, è il baratro di civiltà a cui si vorrebbe portare questo paese, tra provvedimenti xenofobi ed eversione della Costituzione, che attribuisce alla giornata del 13 febbraio questo valore. Un valore che domanda dunque una straordinaria capacità di attivarsi: nei luoghi di lavoro perché sia massima l'adesione allo sciopero, ed in ogni contesto perché la manifestazione diventi lo spazio pubblico a disposizione di una risposta generale, attraversabile da una pluralità di soggetti ed istanze.Mentre va in onda il dramma dell'esplosione della cassa integrazione, per chi ce l'ha, dell'inesistenza di qualsiasi risposta per le lavoratrici e i lavoratori precari, il governo continua a dare i numeri sulle risorse che dovrebbe stanziare per gli ammortizzatori sociali nel contenzioso con le giuste istanze delle regioni sulle risorse del fondo sociale europeo. Mentre la crisi si manifesta in tutta la sua drammaticità, il governo mette risorse solo per varare una rottamazione senza vincoli occupazionali, né interventi reali sulla sostenibilità e la riconversione ambientale delle produzioni. Mentre è evidente che la crisi rappresenta l'esito di un trentennio di politiche neoliberiste che hanno acuito le disuguaglianze sociali, nella pesantissima redistribuzione del reddito che si è operata a danno di lavoratori e pensionati e a vantaggio di profitti e rendite, l'accordo separato programma l'ulteriore riduzione dei salari, l'ulteriore impoverimento del mondo del lavoro.L'attacco alla democrazia è l'altra faccia della medaglia dell'iniquità sociale dei provvedimenti del governo. E' un attacco palese nella volontà di riscrivere le regole della contrattazione contro la più grande organizzazione sindacale, di distruggere insieme al contratto nazionale l'autonomia del sindacato, stravolgendone il ruolo in un ridisegno neocorporativo delle relazioni sociali, di impedire una volta per tutte l'esercizio del diritto di sciopero nel nostro paese, come vuole il disegno di legge del ministro Maurizio Sacconi.La volontà di gestire la crisi con un salto di qualità autoritario sta alla base tanto dell'attacco al lavoro, quanto di quello più complessivo alla legalità costituzionale, nella vicenda gravissima dello scontro istituzionale che sta segnando queste ore. Ogni autonomia deve essere messa in discussione, ogni regola travolta, ogni equilibrio spazzato via.Contro questo disegno è necessario che in molte e molti si oppongano. Che molte e molti prendano parola, che una pluralità di voci e soggetti sia in campo. Per questo abbiamo deciso di parlare oggi dello sciopero del 13 attraverso le voci di quel movimento che ha segnato i mesi che stanno alle nostre spalle, contribuendo in maniera decisiva a riaprire la stagione del conflitto. Perché ci auguriamo e lavoriamo affinché l'Onda riparta, torni ad invadere le piazze di questo paese, e assuma il 13 febbraio come l'occasione di questa ripartenza, nella ripresa, messa in connessione, generalizzazione dei conflitti. Perché crediamo anche noi che la risposta alla crisi abbia molto a che fare con la costruzione di saperi, affrancati dalle logiche di mercato, liberi, critici, consapevoli della necessità di riprogettare il futuro. E crediamo anche noi che la risposta alla crisi passi per la capacità di avanzare una piattaforma complessiva in cui il blocco dei licenziamenti, la riduzione d'orario, la generalizzazione degli ammortizzatori sociali non si contrappongano ma stiano insieme alla richiesta di salario sociale, ad un ridisegno complessivo del sistema di welfare. Un ridisegno complessivo che riguardi anche il rapporto fra produzione e riproduzione sociale, di segno opposto alle politiche sessiste e classiste che hanno contraddistinto il governo Berlusconi.I tagli all' istruzione, alla sanità, al fondo per le politiche sociali, al lavoro pubblico, ai comuni e alle regioni, che sono il cuore della manovra triennale varata dal governo, colpiscono tutti, ma colpiscono di più le donne, disuguali nel mercato del lavoro e su cui continua a scaricarsi la fatica e la responsabilità del lavoro di cura. Le colpiscono in un paese che vedeva già prima, nella fragilità storica del nostro sistema di welfare, un'asimmetria tra i generi tra le più aspre su scala continentale. Le donne, su cui in nome dell'uguglianza il governo vorrebbe ora scaricare ulteriormente la crisi, attraverso l'allungamento dell'età pensionabile. Hanno ragione i coordinamenti donne di Fiom e Funzione pubblica a sottolineare la misoginia, l'impasto regressivo di mercatismo e familismo che ha segnato gli atti del governo. A cui si aggiungono le dichiarazioni di ieri di Silvio Berlusconi su Eluana Englaro, un abisso di violenza, che pensavamo indicibile.C'è bisogno che nella risposta generale alla volontà del governo di uscire da questa crisi attaccando il lavoro, la democrazia, i livelli di civiltà di questo paese, le voci siano molteplici e diverse. Generi e generazioni verso il 13 febbraio.
Fonte: Liberazione
* Membro della Segreteria nazionale del PRC

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