martedì 24 febbraio 2009

Lavoro e conflitto per tornare in campo

di Alessandro Cardulli

La Costituzione della Repubblica italiana all'articolo 1 recita: «L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro». Questo, ancor oggi, l'asse strategico di una proposta politica per costruire un'alleanza fra le forze della sinistra antagonista, anticapitalista, antiliberista, che non guardi solo alle prossime tornate elettorali, ma segni l'inizio di un percorso verso un polo anticapitalista di cui Rifondazione comunista sia e rimanga levatrice, componente fondamentale.Democrazia e lavoro, un nesso inscindibile. La campagna elettorale per le europee si svolgerà in un crescendo di devastazione della economia reale con una falcidia di milioni di posti di lavoro. La povertà morde milioni di famiglie. Non vi è dubbio che la "centralità del lavoro" deve uscire dagli slogan e diventare, appunto, l'asse strategico della battaglia anticapitalista, antiliberista. Questa è la chiave per "aggredire" il capitalismo in modo concreto e avviare un processo di trasformazione, di cambiamento, quel nuovo modello di sviluppo che andiamo cercando e non può che essere collegato alle condizioni di vita di miliardi di cittadini della terra. Lavoro che non significa solo "posto" ma anima della democrazia, dei diritti sociali, dell'uguaglianza, delle libertà collettive e individuali. Chiediamoci, estremizzando ma non troppo, perché un precario dovrebbe battersi per il testamento biologico, per disporre cioè della propria vita, quando gli è negato il diritto al lavoro garantito dalla Costituzione. O perché un migrante, "riserva strategica" del capitalismo, dovrebbe integrarsi in società che lo rifiutano, lo costringono a vivere in baracche, a fare la fame, sfruttato da padroni, quasi uno schiavo. Quali, allora, i soggetti protagonisti di una battaglia di dimensione epocale? Quelle donne e quegli uomini che sono scesi nelle strade e nelle piazze in Italia, in Francia, in Grecia, in altri paesi dell'Europa e del mondo. La classe operaia, una nuova classe operaia che si fa sentire, ha bisogno solo di trovare chi l'ascolta, nuove categorie di lavoratori che pagano un prezzo altissimo alla crisi anche in termini di professionalità. I "cipputi" e i "travet" - metalmeccanici e pubblico impiego - che scioperano e manifestano insieme, "intelletuali di massa" come gli insegnanti. Si configura una nuova lotta di classe che entra in contatto con le forze vive della società, con i movimenti, con la cultura. Il motore, il cuore della scontro, è il conflitto sociale.Nella prossima tornata elettorale il problema delle alleanze delle forze che in questo scenario si riconoscono è determinante e non solo perché esiste lo sbarramento del 4%. Alleanze per l'oggi, guardando al futuro. Uno slogan indubbiamente efficace, l'unità dei comunisti, appare, perciò, debole nella sostanza e nella prospettiva - anche se il problema della "diaspora" esiste - non all'altezza di ricreare le condizioni di una lotta di classe, del deflagrare del conflitto sociale. Piuttosto si dovrebbe parlare del ruolo dei comunisti nel costruire le necessarie alleanze e, determinante, essenziale, quello della forza più consistente, Rifondazione comunista. Si dice "a sinistra dal basso", Bene, evitando perciò che siano le segreterie di partito a decidere programma elettorale e liste, inserendo qualche nome di "indipendenti". Si può pensare che proprio Rifondazione promuova, da subito, una grande campagna per la costruzione nei territori di comitati elettorali larghi, aperti che poi si coordinano nelle grandi Circoscrizioni, gestiscono la campagna elettorale a partire dalla formazione delle liste dei candidati. Con due discriminanti: che la lista aderisca, come ha indicato la direzione del Prc, al Gue, al gruppo europeo, unitario delle forze della sinistra comunista e anticapitalista. Che il simbolo sia quello che rappresenta la storia, i valori del movimento operaio, comunista e socialista, la falce e il martello. Senza se e senza ma.
Fonte: Liberazione

Nessun commento:

Posta un commento